FOTOTEST

La sensibilità cutanea alla luce solare, in particolare ai danni da UV, è una caratteristica individuale, indicata come fototipo, che condiziona l’insorgenza delle varie manifestazioni indotte dalla fotoesposizione. Tale caratteristica si basa sul rilievo dell’anamnesi relativa al comportamento della pelle in risposta alla esposizione al sole. Lo schema suddivide i soggetti in 6 fototipi. Tuttavia questa classificazione secondo Fitzpatrick presenta qualche limite: è infatti troppo ristretta per individuare con precisione la grande variabilità di fototipi presenti nella razza caucasica; inoltre la raccolta dell’anamnesi solare presenta nella pratica non poche difficoltà e introduce numerose variabili.

FOTOTEST

Questo esame è praticato allo scopo di evidenziare la eventuale fotosensibilità del soggetto nei confronti di una particolare banda dell’UV; e riprodurre mediante fotostimolo lesioni isomorfe rispetto a quelle naturalmente indotte dalla luce solare. I dati sono importanti per la selezione di un adeguato dosaggio iniziale per la fototerapia (UVB) o la fotochemioterapia (PUVA); e per la determinazione del Fattore di Protezione di filtri solari. Determinazione della MED. Si definisce Minima Dose Eritemigena (MED) la minima dose irradiativa in grado di indurre un eritema percettibile ed a limiti netti nell’area cutanea irradiata.
Generalmente si distingue una MED per l’UV corto (MED-UVB) ed una per l’UV lungo (MED-UVA). E’ opportuna la indicazione del tipo di lampada impiegato. Il test viene generalmente praticato sulla cute del dorso che offre una area ampia e con reattività all’UV sufficientemente uniforme. In alcuni studi il test può essere eseguito a livello gluteo, area cutanea non fotoesposta. La lettura del test è effettuata generalmente a 24 h dall’irradiazione. Nella popolazione italiana i valori della MED UVB oscillano fra 75 e 120 mJ/cm2 ; la variabilità è ascrivibile al diverso fototipo.
La determinazione della MED è di fondamentale importanza nella diagnosi di tutte le forme legate a fotosensibilità ( dermatite da fotosensibilità persistente, da farmaco, eczema cronico fotosensibile, etc.). Per alcune fotodermatosi è utile la definizione dello spettro di azione eritemigeno, anche per individuare il dosaggio iniziale di irradiazione per la fototerapia UVB.

REAZIONI FOTOALLERGICHE

La fotoallergia è caratterizzata da una reazione di tipo eritematoso ed eczematoso. È dipendente dalla reattività immunologica dei diversi individui e per scatenarla sono sufficienti piccole quantità di fotosensibilizzante e di energia radiante. Le reazioni fotoallergiche avvengono per contatto diretto tra la cute e il fotosensibilizzante. I fattori che regolano la comparsa di reazioni cutanee da fotosensibilità sono:

A . Sostanza chimica e suo veicolo
La struttura di questa condiziona lo spettro di assorbimento e lo spettro di azione, quindi la capacità fotosensibilizzante. Sono inoltre fattori essenziali la solubilità, la capacità di penetrazione, la distribuzione e l’interazione con il tessuto oltre che la concentrazione.

B . Radiazione attivante
La simultaneità tra presenza della sostanza ed irradiazione è elemento determinante; altri elementi in gioco sono: capacità di penetrazione della radiazione, frequenza delle esposizioni, lunghezza d’onda e dose. Nella maggior parte dei casi lo spettro d’azione è nell’UVA.

C . Cute
Reattività immunitaria, idratazione, temperatura, pigmentazione giocano un ruolo importante, come anche spessore e integrità del corneo, pH e stato della cute in rapporto all’età.
E’ necessario che avvenga un primo contatto con la sostanza con successiva fotoesposizione perché si sviluppi la sensibilizzazione, nell’arco di circa una settimana. La manifestazione clinica in genere compare 24-48 ore dopo la seconda interazione tra la sostanza chimica e la radiazione EM in causa. Si tratta di reazioni eczematose, che appaiono inizialmente vescico-bollose per poi evolvere con formazione di croste, desquamazione, escoriazione; la reazione è intensamente pruriginosa e si estende oltre l’area di esposizione. Nello stadio cronico l’eczema va incontro a lichenificazione con placche ispessite.
L’allergia da contatto ad alcune Compositae può manifestarsi con quadri di fotodermatite acuta.
Nella diagnosi di fotoallergia sono essenziali l’esame clinico ed una attenta anamnesi; integrate spesso da fototests e fotopatch tests, utili anche per identificare la specifica sostanza allergene in causa, o per la interpretazione della reazione come fototossica.

FOTOPATCH TEST

È la metodica impiegata per la diagnosi di fotoallergia. Richiede una serie di sostanze chimiche (fotoapteni) e una sorgente UVA (la gran parte dei fotoapteni viene attivata da questa radiazione). Per la sua esecuzione vengono applicate simmetricamente, sul dorso del paziente, 2 serie identiche di fotoapteni, utilizzando come supporto i materiali utilizzati per i test epicutanei. Entrambe le serie vengono coperte con materiale opaco alla luce. Dopo 24 o 48 ore vengono rimosse e la cute sottoposta ad osservazione per eventuale reazione; quindi l’intero dorso del soggetto viene schermato con materiale opaco alla luce lasciando scoperta solo l’area dove era stata applicata una delle 2 serie di fotoapteni. Questa zona viene irradiata con 5-10 J/cm² di UVA. L’esito del fotopatch test viene definitivamente osservato e valutato dopo 48 ore dall’irradiazione fino a volte a 96 ore.

(P.Santoianni)

 

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